“…per la contradizion che nol consente.
Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi:
«Forse tu non pensavi ch’io loico fossi!».
(Dante, Divina Commedia, Inferno, XXVII,120-123)
- Oltrepassamento della contraddizione
Una contraddizione può essere risolta interpretando almeno uno dei termini dell’opposizione in cui essa consiste in modo da renderlo compatibile con l’altro.
Per far ciò, almeno un termine va allocato in un contesto diverso da quello in cui sta nell’opposizione. In tal modo a essere posta in un contesto diverso è la stessa contraddizione, i cui termini, nella ricontestualizzazione, vengono inclusi in un ambito più ampio al cui interno la contraddizione è oltrepassata. Nell’oltrepassamento che così si configura, nel contesto più ampio entrambi i termini si rideterminano nel loro significato, consentendo così il superamento della opposizione che dipendeva dal significato che essi esibivano.
L‘ampliamento dello sguardo e quindi del contesto consente in sostanza il rinvenimento di un medio tra i due termini opposti, medio che prima non appariva e che ora, comparendo nel contesto più ampio, consente di mantenere la relazione tra i due termini dapprima opposti, ma insieme consente di superare la loro incompatibilità risolvendo in tal modo la contraddizione oltrepassandola.
La contraddizione in quanto opposizione inconciliabile tra i due opposti viene in tal modo tolta . Oltre-passarla, superarla, sollevarvisi sono modi adeguati per indicare l’attraversamento in cui essa contraddizione consiste.
- Ampliare lo sguardo: riconfigurare orizzonti
Il movimento di risoluzione della contraddizione non può dunque che essere un’estensione dello sguardo oltre i confini in cui era dapprima circoscritto, approdando ad un nuovo più ampio orizzonte in cui tutto quanto era dapprima considerato viene mantenuto riconfigurato..
Se si trattasse infatti – nella pura e semplice eliminazione di uno dei due termini opposti – di superare la contraddizione tenendo semplicemente fermo uno dei termini opposti rendendo semplicemente inconsistente e quindi inesistente l’altro, ciò comporterebbe che di questo altro dovrebbe scomparire ogni traccia, compresa ogni traccia passata. Ne dovrebbe dunque svanire anche ogni memoria.
La contraddizione non sarebbe però in questo modo risolta.
Si avrebbe infatti nulla più che un annichilimento di ciò che peraltro è posto. La apparente risoluzione della contraddizione risulterebbe semplicemente l’assurdo del porre inesistente ciò che invece è esistente. Nella misura in cui l’inesistente viene comunque pensato in quanto negato, la contraddizione sarebbe in realtà non risolta ma piuttosto, nichilisticamente, ribadita e accentuata
- Contraddizione è dolore
Contraddizione non è peraltro soltanto una dimensione logica. Ha a che fare anche con termini che hanno consistenza ontologica. In molti casi consistenza incarnata, esistenza, vita. La contraddizione è quindi anche conflitto, ingorgo, sofferenza.
In essa consiste il dolore, nella misura in cui il dolore è apparire (posto che apparire è il voluto, ciò che comunque si vuole sia) del rifiutato. Nella contraddizione, in quanto dolore, ciò che appare è sia voluto che rifiutato.
- Nella circostanzialità (di tutto l’essere) delle storie di vita
La contraddizione è quindi un vissuto. Sempre, poiché anche la pura logica è un vissuto. A maggior ragione quando essa brucia e incide in corpo e mente.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.