„Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre
fare l’imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile.“
(Woody Allen)
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Accade… Tra le parole e i convenevoli che si dispiegano nello spazio delle relazioni sociali qualcuno fa una battuta di spirito. Una parola azzeccata, un gioco di parole, un gesto, induce un sorriso (o un ghigno), magari fa prorompere una risata. Qualcuno – si dice in tali casi – fa dell’umorismo.
Si insinua allora, o irrompe, un quid che marca la comunicazione. Sia che ciò abbia una funzione eversiva rispetto all’ordine del discorso che si sta articolando o che – come in alcuni copioni sociali è – sia invece magari pure richiesto o previsto, comunque, quando nel discorso in tal modo entra dell’umorismo, nel fluire della relazione una nuova nota suona, si apre uno stacco.
Qualcosa apre un varco.
Dell’altro entra in scena.
O-scena allegria
Qualcuno – interloquendo con altri entro un contesto – con un gesto o a parole, in modo diretto o con più o meno velata ironia, svela allora del mondo, del solito mondo in cui si dipanano i consueti copioni, un lato che stava fuori la scena (in qualche modo perciò lato o-sceno): il lato comico, divertente, umoristico.
Un gioco di parole, un incrocio di significanti in un lampo scoprono allora un nesso tra significati che lo sviluppo del discorso atteso e prevedibile invece tendeva a tenere distanti. Un fatto di linguaggio incrina in tal modo, o scompagina, serietà e posatezze. Qualcosa si mostra, in realtà incongruente ma non poi così tanto, inducente al sorriso o al riso: energie compresse incidono – nel sorriso in un abbozzo di gesto e apertura, o nel riso scuotendolo – sul corpo vivo dei parlanti smossi in tal modo da una energia: si ride.
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